Addio Bellugi, stopper nell’anima. Sorriso e ironia al servizio del pallone

La malattia non si può vincere, si può solo guarire, verbo che sposta di molto il centro dell’azione.

Anzi continuerà a parlarci di lui, del calciatore per cui il sorriso contava quanto il pallone.

Già, non è un’esclusiva di questo particolare coronavirus e si farebbe un grandissimo torto a Bellugi con la retorica della battaglia persa.

Qui entra in scena Bellugi, proprio il tipo che può scegliere una sfida elettrica per un gol che non ha mai visto prima e non ripeterà più

Bellugi perdeva forza a ogni ora, era stanco, solo che si è tenuto stretto la persona che era fino all’ultimo. (La Stampa)

Ne parlano anche altri media

Mauro era un combattente tenero, una pasta d'uomo E Mauro quel giro lo voleva con ogni fibra di sé. (La Repubblica)

Sino a quando sfuggiì a Bellugi, impeccabile per tutta la gara, che lo atterrò a un quarto d’ora dalla fine. Eppure in quella stagione, ‘79/80, Mauro Bellugi lasciò il segno. (Il Mattino)

Poi racconta un episodio curioso: "Appena arrivato a Bologna, Mauro mi telefonò e venne sotto casa mia: mi portò al poligono di tiro. Un'emozione anche se non è una cosa che amo" (Torino Granata)

I nerazzurri sono scesi in campo indossando il lutto al braccio. I suoi capelli lunghi, la maglia nerazzurra con la stella, il suo sguardo inconfondibile. (Inter Sito Ufficiale)

Dopo essere stato contagiato dal Covid lo scorso novembre, l’ex azzurro era stato colpito da una trombosi. L’ex giocatore della nazionale, al quale erano state amputate le gambe nel dicembre scorso, è deceduto stamattina in un ospedale di Milano (Calcio Hellas)

L’ho sentito martedì, ma qualcosa era cambiato: era meno baldanzoso, un po' rassegnato. Sapeva che avrebbero dovuto operarlo nuovamente per un’infezione. (TUTTO mercato WEB)