Mario Paciolla, indagati i poliziotti per alterazione delle indagini: “Strani comportamenti dell’Onu”

Ci sono troppi silenzi e incongruenze sulla morte di Mario Paciolla, 33enne napoletano, dipendente dell’Onu a San Vicente del Caguan in Colombia, trovato morto nella sua casa il 15 luglio scorso.

E ricordano le ultime conversazioni al telefono con Mario che era evidentemente scosso da qualcosa: “Ci aveva detto di dissapori con l’organizzazione, di discussioni con alcuni colleghi”.

Per il momento sulla morte di Mario resta il mistero. (Il Riformista)

La notizia riportata su altri giornali

Tale negligenza ha permesso che il giorno successivo alla morte di Paciolla i funzionari dell’Unità di indagine speciale (Siu) del Dipartimento di salvaguardia e sicurezza delle Nazioni unite, ascritto alla Missione di Verifica, ripulissero il luogo e raccogliessero gli effetti personali dell’italiano. (Il Manifesto)

Molti peruviani sono passati dal banco dei pegni per poter comprarle e cercare di salvare i parenti finiti in ospedale. Tutto è andato storto nonostante, a differenza del Brasile del negazionista Bolsonaro, il governo abbia reagito subito per contenere l’espansione del virus. (La Stampa)

L'accusa è di "intralcio alla giustizia" per aver consentito di alterare una probabile scena di un delitto, anche se le autorità in un primo momento avevano parlato di suicidio. (La Repubblica)

Crediamo che le istituzioni italiane faranno tutto il possibile per poter dare giustizia a Mario». Il corpo di Mario Paciolla – il ragazzo di 33 anni di Napoli che era partito per la Colombia per lavorare con le Nazioni Unite – è stato trovato impiccato in casa sua, ricoperto di tagli e ferite. (Open)

Alcuni poliziotti colombiani sono finiti sotto inchiesta della procura locale perché avrebbero ostacolato le indagini sul volontario Onu trovato morto il 15 luglio nel suo appartamento. L’operazione – costata l’incarico all’allora ministro della Difesa, Guillermo Botero, costretto alle dimissioni – aveva molto colpito Mario Paciolla, secondo quanto racconta chi lo conosceva. (Avvenire)

Nei giorni successivi ci siamo sentiti quotidianamente, ci è sempre apparso molto preoccupato, a tratti impaurito. Ma il pensiero fisso di Giuseppe e Anna è a una videochiamata che il figlio fece a casa l’11 luglio. (Corriere della Sera)