Trattativa Stato mafia, “Operato Ros evitò nuove stragi”, le motivazioni della sentenza di quasi 3mila pagine

La sentenza, depositata dopo diverse richiesta di proroga dei termini, è di 2971 pagine.

Lo scrive la corte d’assise d’appello stigmatizzando la sentenza di primo grado, nelle motivazioni del verdetto sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.

“Volevano evitare nuove stragi”. Per la corte la decisione di avvicinare l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino per iniziare a dialogare con pezzi di Cosa nostra sarebbe stata presa proprio per evitare nuove stragi. (BlogSicilia.it)

Ne parlano anche altre testate

La Corte d'assise d'appello di Palermo, lo scorso settembre era stata presieduta da Angelo Pellino La sentenza d'appello del processo sulla trattativa Stato-mafia capovolge completamente il verdetto di primo grado dell'aprile 2018. (MeridioNews - Edizione Sicilia)

Ma per “fini solidaristici” ovvero “la salvaguardia dell’incolumità della collettività nazionale e di tutela di un interesse generale – e fondamentale – dello Stato“. Per i giudici non c’è la prova certa dell'”ultimo miglio” ovvero che abbia comunicato all’allora premier Silvio Berlusconi la minaccia mafiosa. (Il Fatto Quotidiano)

Le motivazioni sono state depositate in cancelleria ieri nel tardo pomeriggio. Lo scrive la Corte d’assise d’appello di Palermo nelle motivazioni della sentenza d’appello del processo alla presunta trattativa Stato-mafia. (Grandangolo Agrigento)

sotto il terribile ricatto della ripresa (o della prosecuzione) della stagione stragista che aveva insanguinato gli anni 1992 e 1993» E' quanto scrivono i giudici della Corte di assise di appello. (La Stampa)

- prosegue la corte - Né Mori e i suoi potevano essere certi dell’esistenza all’interno dell’abitazione di tracce utili alle indagini o addirittura di documento compromettenti. “E’ assai più probabile, incrociando le varie fonti di datazione degli avvenimenti in oggetto, che Riina sia stato edotto dell’iniziativa dei carabinieri del R. (Giornale di Sicilia)

Per i giudici non c’è la prova certa dell'”ultimo miglio” ovvero che abbia comunicato all’allora premier Silvio Berlusconi la minaccia mafiosa. Per i giudici i carabinieri avrebbero voluto “favorire la latitanza di Provenzano in modo soft”. (Il Fatto Quotidiano)