Stranieri ovunque, ipotesi sul valore di una Biennale diversa

Venezia, 20 apr. – La Biennale di Adriano Pedrosa ha segnato un nuovo confine: è indiscutibile che l’apertura dello spazio di una delle istituzioni del contemporaneo più rilevanti al mondo a una così massiccia presenza del “Global South”, come si è sentito più volte dire in questi giorni, rappresenta una svolta. Se si aggiunge che di questo grande Sud sono state ascoltate con attenzione anche le voci queer, indigene e normalmente invisibili, si capisce che la portata del progetto è significativa e profondamente contemporanea. (Agenzia askanews)

Su altri giornali

Intitolata Malaz, ovvero santuario, l’esposizione raccoglie le opere di artisti contemporanei omaniti che riflettono lo spirito artistico e la diversità culturale dell’Oman. (Adnkronos) – Un patrimonio artistico multiculturale che aspettava solo di essere scoperto dal resto del mondo quello esposto al Padiglione del Sultanato dell’Oman alla 60esima Biennale d’arte di Venezia (Il Giornale dell'Umbria – il giornale on line dell'Umbria)

Lo yacht Odessa II del magnate Len Blavatnik - ex socio del colosso del petrolio Tnk-Bp acquisito da Rosneft, ora patron di Warner Music Group con la sua Access Industries, da tempo trasferito in Gran Bretagna, poi negli Stati Uniti - è rimasto attraccato quasi tutta la scorsa settimana alle Zattere, a pochi passi alla sede veneziana della Fondazione V-A-C finanziata da Leonid Mikhelson, patron di Novatek, importante gruppo russo del settore del gas, spazio e chiuso dall'inizio della guerra contro l'Ucraina. (Tiscali Notizie)

Artisti, certo. Ma anche miliardari, collezionisti e curatori. (Virgilio)

Il viaggio veneziano che ci conduce lungo le periferie del mondo attraverso un cammino esperenziale (per dirla in comunicazionese) non è un’immersione nella darkness profonda, piuttosto un pellegrinaggio tra il National Geographic etnoantropologico e l’avventura turistico emozionale. (ArtsLife)

Artisti, certo. Ma anche miliardari, collezionisti e curatori. Il Padiglione della Russia ai Giardini della Biennale è stato ceduto alla Bolivia, ma il mondo russo che gravita intorno all'arte, e al mondo degli affari, era ben rappresentato a Venezia nei giorni dell'inaugurazione della 60/a Esposizione Internazionale. (Adnkronos)

La Biennale perde il dominio di se stessa e lo cede alle iniziative collaterali. Capita in realtà da numerose edizioni, ma quest’anno, data la debolezza della mostra centrale, che si è proposta come luogo di ricerca con pochi momenti spettacolari e un ritmo quasi elementare, tutto ciò che le sta al di fuori ha finito per prendere il sopravvento. (Artribune)