Israele ha uno spiraglio nella coalizione sunnita (di M. Valensise)

La notte di paura è passata, nuove paure si addensano, i dubbi restano e le domande sono legittime. Anche chiedersi se gli ayatollah di Teheran avrebbero o non avrebbero potuto realizzare un attacco più massiccio di quello di sabato notte contro Israele rientra nel repertorio degli interrogativi. Il fatto è che la risposta iraniana all’eliminazione, dodici giorni prima a Damasco, del generale Mohammad Reza Zahedi è stata quella che abbiamo visto. (L'HuffPost)

Se ne è parlato anche su altri media

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME - Adesso che le sirene d’allarme tacciono, a farsi sentire sono le parole scambiate nella notte del bombardamento, l’agitarsi di fogli e di opinioni. Chi ha proposto cosa, chi si è opposto, chi ha battuto i pugni sul tavolo per battere subito sull’Iran: il contenuto della riunione viene lasciato trapelare ai telegiornali perché ormai le minute del consiglio di guerra ristretto possono diventare slogan per la campagna elettorale. (Corriere della Sera)

Le scuole sono ancora chiuse, molti uffici sono ancora deserti e le saracinesche dei negozi sono ancora abbassate. L’aspetto delle città israeliane è ancora quello, a distanza di ore dalla fine dell’attacco iraniano, di aree sotto assedio. (Inside Over)

Iran o Hamas? Tutti e due insieme? Quale guerra è più critica per Israele? Dar retta a Washington, Londra, Parigi e Bruxelles che chiedono moderazione, o addirittura non risposta all’attacco iraniano – tanto è stato neutralizzato – o tirar dritto e farla pagar cara a Teheran, magari con una botta pesante al programma nucleare, che non dispiacerebbe poi tanto a chi raccomanda «state buoni» e anzi farebbe felici molte capitali della regione? Il consenso israeliano sulla risposta all’Iran è generale, siamo in Medio Oriente dove la percezione di debolezza è esiziale alla sopravvivenza, ma queste domande il governo israeliano se le pone. (La Stampa)

Dopo due settimane con il fiato sospeso, a contare alla rovescia i giorni e le ore prima dell’attacco multifronte di Teheran e dell’“asse della resistenza” sul territorio ebraico, nel “day after” si respira un’atmosfera di sollievo (parziale, ma pur sempre tale), di scampato pericolo e di misurato entusiasmo per il successo operativo e per il danno inflitto alla reput… (La Stampa)

Dopo l’annunciato attacco dell’Iran a Israele – risposta al raid in Siria che aveva colpito l’ambasciata di Teheran il 2 aprile – proseguono i gabinetti di guerra guidati dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, dai quali non è per ora emersa nessuna decisione, rendendo evidente la spaccatura all’interno del governo: da un lato la componente oltranzista, guidata dalla destra di governo che con il ministro della Sicurezza Ben Gvir chiede un “contrattacco schiacciante”; dall’altro il leader centrista Benny Gantz, che domenica ha proposto la formazione di “una coalizione regionale” sul modello di quella che sabato notte ha aiutato Israele a intercettare l’attacco di Teheran. (Il Fatto Quotidiano)