Ilaria Salis, niente domiciliari: l’antifascista resta in galera

Nicola Porro INTERNO

Niente domiciliari per Ilaria Salis. L’antifascista italiana resterà in carcere in Ungheria. A nulla sono servite le proteste della politica in Italia e tanto meno l’autorizzazione data dall’insegnante alla pubblicazione delle immagini che la ritraggono, ancora, in catene in Tribunale. Il giudice di Budapest, Jozsef Sos, ha respinto la richiesta di arresti domiciliari presentata dalla difesa ritenendo Salis ancora pericolosa, viste le “severe accuse” che le sono contestate. (Nicola Porro)

Su altre fonti

"I nostri ministri non hanno fatto una bella figura e il governo italiano dovrebbe fare un esame di coscienza": è quanto ha detto Roberto Salis, il padre di Ilaria, a cui oggi sono stati negati i domiciliari in Ungheria (Sky Tg24 )

Budapest, 28 mar. - A Budapest, il tribunale ha respinto la richiesta di domiciliari per Ilaria Salis, l'insegnante 39enne italiana, in carcere da 13 mesi in Ungheria perché accusata di aver aggredito alcuni militanti di estrema destra. (Il Sole 24 ORE)

Se in Ungheria questa mattina è arrivato il verdetto della corte ungherese che chiude le porte ai domiciliari per Ilaria Salis, dalle nostre parti la corte d’Appello di Milano - giudici Monica Fagnoni, Stefano Caramellino e Cristina Ravera - hanno negato la consegna all’Ungheria di Gabriele Marchesi colpito da mandato di arresto europeo (emesso ad ottobre ed eseguito lo scorso 21 novembre) perché accusato di aver aggredito tre persone nel corso di una manifestazione neonazista a Budapest dell’11 febbraio 2023, insieme alla connazionale Ilaria Salis, che da quel giorno è detenuta in un carcere ungherese. (Liberoquotidiano.it)

Dopo essere stata portata ancora una volta in Aula catene ai polsi, alle caviglie e guinzaglio, oggi i giudici ungheresi hanno deciso anche di negarle gli arresti domiciliari. "Ilaria Salis resterà in carcere a Budapest (Il Messaggero Veneto)

Dopo sei udienze la Corte d’appello di Milano ha respinto la richiesta di consegna all’Ungheria di Gabriele Marchesi. (La Stampa)

“L’ingresso del tribunale era presidiato dai neonazisti che filmavano e fotografavano tutti quelli che arrivavano, con telefonini e telecamere”, ha raccontato al Corriere. “All’inizio pensavo fossero guardie, poi ho visto i vari simboli nazisti”. (Il Fatto Quotidiano)