I David e la colonizzazione del simbolico

La 69esima edizione dei David di Donatello conferma la oramai acclarata subalternità del mondo del cinema – non solo italiano, beninteso – alle logiche produttive e distributive. Che vuol dire al botteghino e al profitto. A parte il meritatissimo premio a Elio Germano come miglior attore non protagonista (Palazzina Laf) capace di costruire un personaggio laido e subdolo, servile col padrone e spietato con i lavoratori; e a Michele Riondino, operaio lacerato e compromesso, ignorante e colmo di risentimento, nella stessa pellicola di cui firma anche la regia… il resto è puro conformismo in salsa “sinistrese” (nel senso “liberal-democratico”, insomma). (Contropiano)

Se ne è parlato anche su altri media

Un po’ perché li avevano messi sulla scala come Wanda Osiris – diceva lui – un po’ perché c’era una statuetta sola per due premiati, da pezzenti, un po’ perché il sionismo e l’antisemitismo eccetera. Alberto Piccinini: Devo essere sincero, ho un ricordo confuso del momento in cui Sergio Ballo, il costumista di Bellocchio premiato per Rapito, ha fatto la pazza ai David l’altra sera. (Rolling Stone Italia)

La hair stylist sabina, Alberta Giuliani, vince per il film “Rapito”, nella Categoria “Miglior Acconciatura”, il David di Donatello 2024. (Rietinvetrina)

Roma, 6 mag. (Agenzia askanews)

La protesta del costumista Sergio Ballo Il primo a protestare, in diretta tv, era stato Sergio Ballo, costumista insieme a Daria Calvelli, per Rapito, il film di Marco Bellocchio. (la Repubblica)

Aleggia quel retropensiero radical chic che, al netto della celebrazione, nel passato è rimasto piantato su Fellini e, nel presente, nello snobismo ipocrita dello sfarzo. Una premiazione che Carlo Conti ha cercato di rendere inutilmente smart, anche bloccando Alessia Marcuzzi in versione madrina di battesimo, ma che resterà indelebile per le scelte inadeguate, a cominciare da Fabrizio Biggio . (Gazzetta del Sud)

E lo fa grazie alle cinque statuette per il film ’Rapito’ di Marco Bellocchio, il presidente della nostra Cineteca, che nella vicenda di un giovane ebreo di Bologna rapito dalla casa di famiglia dai soldati papali nel 1858, cui fece seguito il suo trasferimento a Roma sotto la custodia di papa Pio IX per esser allevato come cattolico, vide già dal 2020 la storia ideale per un film. (il Resto del Carlino)