La partita a scacchi tra Israele e Iran: ecco perché l'attacco contro Teheran sembra un segnale per la de-escalation

La Stampa ESTERI

Sembra un attacco ma in realtà è un messaggio. La reazione israeliana al lancio di missili e droni da parte dell'Iran è stata contenuta e limitata. Pochi danni, che l'Iran minimizza ulteriormente, e un chiaro avviso che può essere riassunto così: "Possiamo colpirvi quando e dove vogliamo, stavolta siamo stati moderati. Finiamola qui". In realtà Tel Aviv non ha ammesso ufficialmente nulla ma fonti israeliane hanno fatto trapelare al Washington Post che l'attacco è proprio un “segnale" all'Iran sulla capacità di arrivare ovunque all'interno del Paese. (La Stampa)

Ne parlano anche altri giornali

Capri, 19 apr. (il Dolomiti)

"Siamo impegnati per la sicurezza di Israele. Siamo anche impegnati a ridurre l'escalation, a cercare di porre fine a questa tensione. Nella dichiarazione del G7, c'è un impegno a chiedere conto all'Iran per le sue attività destabilizzanti, costringendolo a rispondere riducendo le sue capacità missilistiche e di droni. (Il Sole 24 ORE)

L'attacco attribuito a Israele sul territorio dell'Iran c'è stato, ma nei modi in cui molte cancellerie occidentali in qualche... Leggi tutta la notizia (Virgilio)

L’azione di Israele è scattata nella notte e ha riguardato siti nella regione di Isfahan: la base di Shikari con Sukhoi e i vecchi F-14 americani acquistati all’epoca dello Scià, un radar a difesa del sito atomico di Natanz ma non gli impianti stessi. (Corriere della Sera)

Vanno in questo senso le parole attribuite dalla Tass ad un alto funzionario del regime degli ayatollah, secondo cui non si prevedono ritorsioni immediate. L'operazione, a quanto pare molto limitata e senza alcuna vittima, sembra aver messo fine al momento ad una settimana ad altissima tensione in Medio Oriente, apertasi con l'attacco di sabato scorso ad Israele (ilmessaggero.it)

Da veterano decennale della politica israeliana, ha messo sul tavolo delle riunioni le questioni interne: la guerra in corso a Gaza contro Hamas, la volontà di fare il possibile per riportare a casa i 133 ostaggi (di cui almeno una trentina sono morti) ancora tenuti dai fondamentalisti, i quasi 100 mila abitanti del nord evacuati oltre sei mesi fa per i lanci quotidiani contro i villaggi della Galilea da parte dell’Hezbollah libanese. (Corriere della Sera)