Fumo passivo | Non sprecare

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Indice degli argomenti Toggle FUMO PASSIVO CHE COSA SUCCEDE CON IL FUMO PASSIVO QUANTO FA MALE IL FUMO PASSIVO MALATTIE ASSOCIATE FUMO PASSIVO E SIGARETTE ELETTRONICHE COME EVITARE IL FUMO PASSIVO FUMO PASSIVO Non esistono differenze, in termini di danni per la salute, tra il fumo attivo e quello passivo. Una quantità enorme di ricerche scientifiche ormai dimostra, in modo irrevocabile, che i fumatori passivi assumono le stesse sostanze nocive che colpiscono i fumatori. (Nonsprecare.it)

Se ne è parlato anche su altre testate

Nei contesti scientifici anglofoni, il fumo passivo viene spesso descritto come “fumo di seconda mano”, distinguendolo dal “fumo di terza mano”, un fenomeno meno conosciuto ma altrettanto dannoso, che riguarda la permanenza delle sostanze nocive del fumo nell’ambiente. (AIRC)

Le probabilità di soffrirne aumentano se esposti al fumo passivo La fibrillazione atriale è il disturbo del ritmo cardiaco più frequente. (italiasalute)

La notizia arriva dall’ultimo congresso della Società europea di Cardiologia e lo studio è stato svolto dal National University Hospital di Seoul. (Ok Salute e Benessere)

Fumo passivo aumenta anche il rischio di ictus

Tra i benefici delle leggi che estendono il divieto di fumo nei luoghi chiusi o negli spazi all'aperto affollati, c'è quello di mantenere il cuore "a tempo". Lo sostiene uno studio di recente presentato al congresso scientifico della Società Europea di Cardiologia, secondo il quale più tempo si rimane esposti al fumo degli altri, più il pericolo di aritmie si fa elevato. (Focus)

Uno studio recente presentato al congresso scientifico della Società Europea di Cardiologia ha sottolineato questa correlazione, evidenziando come il tempo trascorso esposti al fumo passivo sia direttamente proporzionale al pericolo di sviluppare tale aritmia. (Microbiologia Italia)

La probabilità di contrarre la fibrillazione atriale aumenta con l’aumento dell’esposizione al fumo passivo, indipendentemente dal fatto che ci si trovi a casa, all'aperto o sul posto di lavoro. Lo dimostra uno studio presentato da Kyung-Yeon Lee, del Seoul National University Hospital di Seoul, all'ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia. (Corriere della Sera)