Ayrton Senna, la tomba del pilota: girasoli, una statua di Gesù, un mini go-kart. «Lui toccava i cuori come la Nazionale del Brasile»

Corriere SPORT

Freddo e pioggia insoliti la fanno da padrone sopra San Paolo. L’autunno brasiliano - che comincia a marzo - è da poco arrivato e le correnti fredde hanno preso anche la città più grande del Sudamerica. Fino a pochi giorni prima i climi erano ancora estivi e afosi: i 34,7 gradi reali vissuti il sabato precedente, poi domenica i folli 62,3 gradi percepiti a Rio de Janeiro. Nella San Paolo dallo stile «milanese», quella degli alti grattacieli e dei ricchi businessman mescolati ai senzatetto seduti sulle panchine della centralissima Praça da Sé, a due passi dalla Cattedrale, due persone prendono un Uber, accolti da un uomo sulla quarantina e il nome italiano: Antônio. (Corriere)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Partendo dalla tomba, nella città-giardino di Morumbi a San Paolo del Brasile e dal tragico incidente, avvenuto 30 anni fa nel circuito di Imola, il volume ripercorre a ritroso la storia del campione brasiliano. (ravennanotizie.it)

Era il primo maggio del 1994. Un approccio quasi ascetico che il fenomeno considerava accompagnato da una lunga mano, in grado di dipingere imprese proibite ai comuni mortali. (Il Messaggero - Motori)

C’è di nuovo il tocco della Piccola Atene dietro il commosso ricordo del pilota brasiliano di Formula 1 Ayrton Senna, scomparso 30 anni fa durante il Gp di Imola. (LA NAZIONE)

DI FABRIZIO RESTA Sono passati trent’anni dal quel terribile week-end di Imola, passato alla storia come il peggior Gran Premio della storia, dove in tre giorni è successo e poteva succedere di tutto. Ad un certo punto non sembrava più una corsa automobilistica ma un bollettino di guerra e ad ogni giro ci si chiedeva se sarebbe successo qualcos’altro. (IlSudest)

Esattamente trenta anni fa, il 29 aprile 1994, la Formula 1 cominciò a perdere l’innocenza. Quel giorno, un venerdì, stavamo a Imola per una grande festa popolare. (Quotidiano Sportivo)

Tante generazioni hanno conosciuto, purtroppo anche tragicamente, la naia. La leva militare ha avuto anche una funzione sociale. Per molti giovani, la naia è stata la prima, a volte l’unica, occasione per uscire dal paese. (IlSudest)