La grande ipocrisia di Eurovision: la politica pesa più della musica

Anni fa intervistai la poetessa Biancamaria Frabotta. Parlavamo di patria, identità, appartenenza, guerra, pace, speranza. Parlavamo sostanzialmente di Europa e riflettevamo su quanto fosse difficoltoso e illusorio il concetto di «confine», tanto più di «bandiera»: un pezzo di stoffa assolutamente non scontato e sempre frutto di conflitti tremendi, in nome del quale in passato tanta gente ha patito e per cui è stato versato parecchio sangue, e che oggi viene sventolato a volte come se nulla fosse, altre volte con consapevolezza, all'interno di una gamma più che mai eterogena di manifestazioni. (ilGiornale.it)

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Andate a fanclo voi e l’Eurovision Sabato sera ho avuto l’idea malsana di sintonizzarmi su Rai Uno per seguire la finalissima dell’Eurovision song contest, che per chi non lo sapesse è l’equivalente europeo del Festival di Sanremo: a spingermi verso l’incauto gesto non è stato un interesse per le canzoni in gara, di cui mi frega molto poco (conoscevo solo ‘La noia’ di Angelina Mango, rappresentante dell’Italia nella competizione), quanto piuttosto una sincera curiosità nei confronti del chiassoso circo di polemiche che ha accompagnato l’esibizione della cantante israeliana Eden Golan, vero caso mediatico di questa edizione dell’Eurovision ospitata dalla Svezia, a Malmö. (Termometro Politico)

Questa cosa per cui all’Eurovision si regolano conti ideologici e vince l’Ucraina o si fa la guerra tutto il mondo contro la cantante israeliana a me non piace, è tra le ragioni per cui non lo guardo. Leggo oggi che ieri sera avrebbe vinto uno svizzero, non c’è una riga sulla qualità della canzone, spiegano solo che è “non binario” quindi bisogna appellarlo con il “loro” perché lui/lei sono retaggi patriarcali del mondo che fu. (Arianna Editrice)

Però la puntualità non basta. Essendo una gara di canzoni, ci dovrebbero essere canzoni che meritino la gara. In questa edizione, diciamo la verità, di bei brani se ne sono ascoltati pochi, forse pochissimi e tra questi, senza campanilismo, c'è stata La noia di Angelina Mango, che ha fatto ballare la Malmö Arena con gli ingredienti giusti: presenza scenica, coreografia, costumi, intonazione e un brano che il pubblico europeo è riuscito a decifrare e fare proprio. (ilGiornale.it)

Sono state, molto spesso un’occasione per mettere a fuoco problematiche difficili, per aprire il dibattito su problemi e tematiche o scottanti o difficili da affrontare, anche in contesti apparentemente strani. (Corriere del Ticino)

di Marialaura Baldino 13.56 (Culture)

Perché la verità è che i bigotti sono loro. I look dei cantanti dell'Eurovision? Ma basta, è davvero ora di finirla con questo puritanesimo. (ilGiornale.it)