Cinema | Richard Jewell, la recensione

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(BadTaste.it)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Solo dopo mesi di indagini inconcludenti e grazie anche all’aiuto di Watson Bryant, avvocato e vecchio amico di Richard, l’FBI decise di interrompere le investigazioni e di scagionarlo da tutte le accuse. (L'Eco di Bergamo)

C’è una battuta quasi all’inizio di “Richard Jewell”, in sala dal 16 gennaio, che dice tutto. Per come lo racconta Clint Eastwood, l’uomo Jewell è uno che sicuramente avrebbe votato per Trump come lui, se non fosse morto di attacco cardiaco nel 2007. (L'HuffPost)

Richard Jewell è un americano senza potere, la sua vita è tenera e tradizionale, a casa con mamma e poi a lavorare, senza amici e senza donne. Com’è che il capitano di Sully sembra svuotato di ogni umanità e non è mai simpatico, mai empatico, mai vicino a qualcuno? (Wired.it)

E d’altro canto ad Eastwood interessano anzitutto loro, i singoli, quelli con un volto, un nome e un cognome. Eastwood punta parecchio sull’ingenuità, a tratti confondibile per purezza, di Richard, schiacciato sotto il peso di troppi interessi, ben più grandi di lui. (Cineblog)

Perché il potere può trasformare in mostri, come viene detto a Richard all'inizio del film. Lì, in The Mule, il borbottare di Eastwood contro la contemporaneità era rivolto, in superficie, soprattutto ai cellulari e a internet. (ComingSoon.it)

iretto da Clint Eastwood il film è basato sui fatti realmente accaduti a Richard Jewell (Paul Walter Hauser), un uomo ossessionato dalla divisa e dal rispetto delle leggi. Eastwood ci mostra così come Richard diventi una vittima del sistema, troppo spesso condizionata dai pregiudizi. (NerdPool)