Divisioni nel gabinetto di guerra di Israele: Netanyahu ora teme l'accelerazione di Gantz

Corriere della Sera ESTERI

Di Davide Frattini L'ex ministro e Eisenkot, già capi di Stato Maggiore, avrebbero insistito per contrattaccare. Gli equilibrismi di Bibi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME - Adesso che le sirene d’allarme tacciono, a farsi sentire sono le parole scambiate nella notte del bombardamento, l’agitarsi di fogli e di opinioni. Chi ha proposto cosa, chi si è opposto, chi ha battuto i pugni sul tavolo per battere subito sull’Iran: il contenuto della riunione viene lasciato trapelare ai telegiornali perché ormai le minute del consiglio di guerra ristretto possono diventare slogan per la campagna elettorale. (Corriere della Sera)

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Dopo l’annunciato attacco dell’Iran a Israele – risposta al raid in Siria che aveva colpito l’ambasciata di Teheran il 2 aprile – proseguono i gabinetti di guerra guidati dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, dai quali non è per ora emersa nessuna decisione, rendendo evidente la spaccatura all’interno del governo: da un lato la componente oltranzista, guidata dalla destra di governo che con il ministro della Sicurezza Ben Gvir chiede un “contrattacco schiacciante”; dall’altro il leader centrista Benny Gantz, che domenica ha proposto la formazione di “una coalizione regionale” sul modello di quella che sabato notte ha aiutato Israele a intercettare l’attacco di Teheran. (Il Fatto Quotidiano)

L’aspetto delle città israeliane è ancora quello, a distanza di ore dalla fine dell’attacco iraniano, di aree sotto assedio. Tuttavia a rincuorare la popolazione è il fatto che nessuna scheggia ha realmente scalfito case e infrastrutture, nessun luogo frequentato da civili è stato sfiorato dalla pioggia di ordigni piovuti dall’Iran. (Inside Over)

Israele è uscito dall’apnea. (La Stampa)

Iran o Hamas? Tutti e due insieme? Quale guerra è più critica per Israele? Dar retta a Washington, Londra, Parigi e Bruxelles che chiedono moderazione, o addirittura non risposta all’attacco iraniano – tanto è stato neutralizzato – o tirar dritto e farla pagar cara a Teheran, magari con una botta pesante al programma nucleare, che non dispiacerebbe poi tanto a chi raccomanda «state buoni» e anzi farebbe felici molte capitali della regione? Il consenso israeliano sulla risposta all’Iran è generale, siamo in Medio Oriente dove la percezione di debolezza è esiziale alla sopravvivenza, ma queste domande il governo israeliano se le pone. (La Stampa)

Anche chiedersi se gli ayatollah di Teheran avrebbero o non avrebbero potuto realizzare un attacco più massiccio di quello di sabato notte contro Israele rientra nel repertorio degli interrogativi. Il fatto è che la risposta iraniana all’eliminazione, dodici giorni prima a Damasco, del generale Mohammad Reza Zahedi è stata quella che abbiamo visto. (L'HuffPost)