Pupi Avati, un'anteprima tra amici e vip

Sotto un ‘cielo’ carraccesco, quello del grand hotel Majestic ‘già Baglioni’, i fratelli Pupi e Antonio Avati hanno deciso di salutare gli amici bolognesi (i jazzisti ad esempio) e quelli di altre geografie, accorsi sotto le Due Torri in occasione dell’anteprima nazionale del loro nuovo film ‘La quattordicesima domenica del tempo ordinario’. In sala, tra gli altri, il ministro Sangiuliano ("Ho sempre amato Pupi, sono un arci-italiano, che fa dell’italianità uno stile"), l’assessore Felicori, Gian Luca Farinelli e Luca di Montezemolo (il Resto del Carlino)

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ROMA – Edwige Fenech e Gabriele Lavia insieme sul grande schermo diretti da Pupi Avati, che torna al cinema da oggi con ‘La quattordicesima domenica del tempo ordinario’ (distribuito da Vision Distribution). (Dire)

+++ «Questo è il mio film più sincero», ci confessa il regista, «il fatto che alla fine della proiezione mia moglie singhiozzasse è un emblematico. Racconto una serie di eventi che hanno contrassegnato il nostro matrimonio: quel giorno è stato il più felice della mia vita perché credevo che conquistare la ragazza più bella di Bologna fosse sufficiente per garantirsi la felicità perenne. (Vanity Fair Italia)

Nel suo nuovo film, Pupi Avati parla della quattordicesima domenica del tempo ordinario, più precisamente del 24 giugno del 1964, il giorno in cui si è sposato. Già da questo si può dedurre che il film sia autobiografico. (Sentieri Selvaggi)

Ecco in quali sale. (ComingSoon.it)

Ricucendo le immagini sbiadite di un'epoca che non torna, è come se in qualche modo stessimo forzando la memoria stessa, brutalizzandola in funzione di un presente che non soddisfa, ma che anzi aumenta il divario tra ciò che era e ciò che è stato. (Movieplayer)

Questi i tre elementi centrali e di peso del quarantaduesimo lungometraggio di carriera di Pupi Avati, La quattordicesima domenica del tempo ordinario, un film che a partire dalla scelta di titolo si presenta a noi come qualcosa di apparentemente astratto, evanescente e fantasmatico – quanti fantasmi nel cinema Avatiano… – e che risulta invece assolutamente concreto e ancora una volta personalissimo e definitivo, così come pochissimi altri titoli dell’intera filmografia dell’autore bolognese di La casa dalle finestre che ridono e Il papà di Giovanna hanno saputo essere. (Cinematographe.it)