Crocifisso a scuola, no all'obbligo sì al dialogo

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Crocifisso a scuola, no all'obbligo sì al dialogo. La sentenza depositata dalle sezioni unite civili della Cassazione ammette la possibilità di tenere il Crocifisso in classe. Dorothea Nardone | 10 settembre 2021. Esporre il crocifisso nelle scuole non è discriminatorio ma la comunità scolastica deve valutare e decidere “in autonomia di esporlo”.

Già nel 2006, il Consiglio di Stato aveva visto nel crocifisso «un simbolo idoneo a esprimere l’elevato fondamento di valori civili (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti. (Zai.net)

Se ne è parlato anche su altre testate

«Vogliamo mettere accanto al crocifisso i simboli delle altre religioni? E conclude: «Se i laicisti vedono nel crocifisso un simbolo religioso prevaricatore e non rispettoso di chi professa altre religioni, stiano pure tranquilli: è già uscito dalle scuole italiane! (leggo.it)

Cassazione, in caso di richiesta anche simboli di altre religioni. E’ il commento di mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, alla sentenza della Cassazione, pur riservandosi di leggerla nella sua integralità. (MilanoPost)

L’affissione del crocifisso – al quale si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo – non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione. (PaeseRoma.it)

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La Cassazione ha detto “Sì al crocifisso in aula. “L’aula può accogliere la presenza del crocifisso – si legge nella sentenza 24414 – quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”. (Papaboys 3.0)

Adesso il prof, a distanza di quasi tre lustri, si dice soddisfatto per l’evoluzione della vicenda giudiziaria. Il rammarico per il professor Metastasio è che “questa sentenza arrivi ben 13 anni dopo i fatti” (Tecnica della Scuola)