Australia: approvata legge che richiede a Google e Facebook di pagare le news

Il Sole 24 ORE ESTERI

La mossa di Facebook. La scorsa settimana, in un inedito braccio di ferro col governo, Facebook aveva bloccato sulla propria piattaforma la possibilità di leggere e condividere notizie tra gli utenti australiani, in risposta al previsto varo della nuova legge.

“Il Codice garantirà che l'industria dell'informazione venga remunerata adeguatamente per i contenuti generati, contribuendo a sostenere il giornalismo di interesse pubblico in Australia”, ha affermato il ministro del Tesoro, Josh Frydenberg. (Il Sole 24 ORE)

Su altri media

Google aveva minacciato di abbandonare del tutto il Paese in caso di approvazione delle nuove regole, ma ha poi fatto marcia indietro (TG La7)

L’oggetto del contendere, invece, è la libertà o meno di queste grandi aziende di diffondere gratuitamente i contenuti dei mezzi di informazione sulle loro piattaforme. Ma se a causa di ciò la redditività di questo servizio diventa troppo bassa, nessuno sarà più disposto a produrlo (Il Messaggero)

È inoltre emerso negli ultimi tempi come il network televisivo di Murdoch, Sky News Australia, stia seguendo lo stesso modello informativo finalizzato alla radicalizzazione politica adottato da Fox News negli Usa di Trump. (Il Fatto Quotidiano)

Entra in vigore la legge australiana che impone alle grandi piattaforme web di pagare gli editori per le notizie e le anteprime condivise dagli utenti o visualizzate come risultati di ricerca. The Morrison Government’s world-leading news media bargaining code has just passed the Parliament. (HDblog)

La riscossa degli editori. La riscossa degli editori verso Facebook e Google, partita dall’Australia, potrebbe allargarsi al resto del mondo. Riaprendo alla condivisione delle notizie sul social media in Australia, Facebook ha fatto notare che le news attinte dagli editori rappresentano solo il 4% del suo traffico (Forbes Italia)

La posizione delle piattaforme è che già ora aiutano i fornitori di contenuti, indirizzando il traffico verso i loro siti. Secondo il governo australiano, il processo negoziale è in questo modo "più equo", perché offre agli editori una leva maggiore. (Rai News)