Gli psichiatri al lavoro con il lutto al braccio per ricordare Barbara Capovani uccisa un anno fa

la Repubblica INTERNO

Non sono bastate. Non una fiaccolata con migliaia di psichiatri e operatori sanitari nelle più importanti piazze d'Italia contro la violenza e in memoria di Barbara Capovani un anno fa. Non lettere, interviste e appelli della Società Italiana di Psichiatria alle Istituzioni e al Presidente della Repubblica in occasione della Giornata Nazionale della Salute mentale lo scorso 20 ottobre. Nessuna iniziativa ha ottenuto lo scopo che si prefiggeva: aumentare la sicurezza nei luoghi di lavoro. (la Repubblica)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Simona Elmi, collaboratrice e amica di Barbara, a nome di tutti, ha rievocato quel giorno e ha sottolineato come il vuoto che ha lasciato con la sua scomparsa nei pazienti, nei colleghi e in tutta la comunità sanitaria non solo pisana, non potrà essere colmato se non attraverso il ricordo e la continuazione dei molti progetti che aveva messo in campo. (LuccaInDiretta)

Per questa ragione domenica mattina si sono dati appuntamento all’esterno del reparto Spdc (servizio psichiatrico di diagnosi e cura) di Pisa: qua è stato deposto un mazzo di fiori e osservato un minuto di silenzio. (Corriere Fiorentino)

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Uno dei reni donati da Barbara Capovani, la psichiatra uccisa lo scorso anno davanti al Servizio di psichiatria diagnosi e cura dell’ospedale Santa Chiara (delitto per il quale è accusato il suo ex paziente Gianluca Paul Seung), ha infatti salvato la vita di un bambino. (LA NAZIONE)

Non aveva paura, Barbara Capovani. Ma era assolutamente consapevole dei rischi del suo incarico di coordinatrice del servizio psichiatrico del Santa Chiara. (LA NAZIONE)

Quella frase-guida, la preferita di Barbara Capovani, adesso è incisa in uno dei luoghi simbolo della psichiatria italiana: l’ex manicomio di Maggiano, oggi sede della fondazione che porta il nome di colui ne fu il faro, Mario Tobino. (LA NAZIONE)