La quattordicesima domenica del tempo ordinario, la recensione

Se qualcuno tenesse il conto di tutto il tempo che passiamo rintanandoci nei ricordi, si arriverebbe probabilmente ad un numero astronomico. Ricucendo le immagini sbiadite di un'epoca che non torna, è come se in qualche modo stessimo forzando la memoria stessa, brutalizzandola in funzione di un presente che non soddisfa, ma che anzi aumenta il divario tra ciò che era e ciò che è stato. Sotto forma di malinconia, resa limpida arte narrativa, Pupi Avati delinea quello che potrebbe essere uno dei suoi film più amari, confidenziali e sinceri, sferzato però da una leggerissima dolcezza, tanto da rendere udibile il battito concitato e poi rilassato delle immagini. (Movieplayer)

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Nel suo nuovo film, Pupi Avati parla della quattordicesima domenica del tempo ordinario, più precisamente del 24 giugno del 1964, il giorno in cui si è sposato. Già da questo si può dedurre che il film sia autobiografico. (Sentieri Selvaggi)

Il regista Pupi Avati, accompagnato dalla protagonista Edwige Fenech saluteranno al cinema a Roma il pubblico di La quattordicesima domenica del tempo ordinario, nuovo film del regista. (ComingSoon.it)

Arriva al cinema il 4 maggio il nuovo film di Pupi Avati, La quattordicesima domenica del tempo ordinario, dove tornano i suoi temi: Bologna, l'amicizia, la musica e l'amore con una sfumatura autobiografica. (ComingSoon.it)

L’icona delle commedie sexy all’italiana degli Anni 70 e 80 e l’attore di teatro (tra i più amati) uniscono i loro mondi così diversi per raccontare una storia sull’amore, sull’amicizia e sul tempo che passa. (Dire)

Questi i tre elementi centrali e di peso del quarantaduesimo lungometraggio di carriera di Pupi Avati, La quattordicesima domenica del tempo ordinario, un film che a partire dalla scelta di titolo si presenta a noi come qualcosa di apparentemente astratto, evanescente e fantasmatico – quanti fantasmi nel cinema Avatiano… – e che risulta invece assolutamente concreto e ancora una volta personalissimo e definitivo, così come pochissimi altri titoli dell’intera filmografia dell’autore bolognese di La casa dalle finestre che ridono e Il papà di Giovanna hanno saputo essere. (Cinematographe.it)

+++ «Questo è il mio film più sincero», ci confessa il regista, «il fatto che alla fine della proiezione mia moglie singhiozzasse è un emblematico. Racconto una serie di eventi che hanno contrassegnato il nostro matrimonio: quel giorno è stato il più felice della mia vita perché credevo che conquistare la ragazza più bella di Bologna fosse sufficiente per garantirsi la felicità perenne. (Vanity Fair Italia)