Le filiali Unicredit che saranno chiude nei prossimi anni

Wall Street Italia ECONOMIA

Mustier ha chiarito di voler procedere “in maniera molto responsabile” come, ha rivendicato, e’ stato fatto nel corso degli scorsi anni.

Unicredit ha presentato il nuovo piano industriale per il triennio 2020-2023 che prevede, tra le altre cose, una riduzione del personale per 8.000 unità e la chiusura di 500 filiali.

Secondo fonti sindacali in Italia saranno circa 5.500-6.000 le uscite di personale previste da Unicredit e sarà dunque il nostro Paese a vedere la maggior parte degli esuberi. (Wall Street Italia)

La notizia riportata su altre testate

Sindacati: "Inaccettabile". Montaggio di Serena Ginevra Zamboni. Il gruppo bancario Unicredit ha annunciato l'esubero di 5.500 dipendenti e la chiusura di 500 filialı in tutta Italia. (TGR – Rai)

Ieri Jean Pierre Mustier, ceo di Unicredit , ha presentato il nuovo piano industriale 2020-2023, che prevede la riduzione di 8 mila posti di lavoro a tempo pieno, il 12% degli addetti rispetto al 2018, e i sindacati stimano almeno 5-6 mila esuberi in Italia (Milano Finanza)

I sindacati prevedono in tutta Italia il taglio di circa a 5.500-6.000 unità lavorative rispetto a un totale di circa 40.000 dipendenti. In Sicilia Unicredit ha circa 500 filiali e secondo i numeri fornite dal piano strategico di Unicredit circa 80 sono a rischio chiusura. (RagusaNews)

Chiudiamo ricordando che nessuna rivoluzione nella storia del mondo, a partire da quella d’Ottobre, è stata fatta dal proletariato. Simpatico notare che l’ormai internazionale Unicredit abbia riservato all’Italia la parte più consistente dei tagli: 5.500, appunto, sugli 8.000 totali nel gruppo. (Indiscreto)

"I dati forniti sono ancora molto generici e devono essere calati nella realtà e soprattutto ripartiti su base geografica", dichiara Rosario Mingoia, segretario generale uilca Unicredit Banca. Il nostro dovere è creare nuova occupazione che consenta di lavorare con più serenità chi già opera per Unicredit. (Giornale di Sicilia)

"Il piano industriale così com’è non può nemmeno essere preso in considerazione", osserva in una dura nota il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. La riduzione dei costi controbilancia l'aumento degli investimenti: quelli in It crescono del 17% rispetto al piano precedente con un investimento medio di 900 milioni l’anno. (Adnkronos)