Se ora Carlo fa l'anti-destra

ilGiornale.it INTERNO

Il lettore avrà capito che stiamo parlando di Carlo Calenda.

Toglierebbe voti ai progressisti, questo terzo polo?

Per poi finire ad affondare in uno dei due blocchi, quello per di più abitato da neo comunisti, post grillini, ecologisti radicali, vetero socialisti e forse magari, vedi un po', pure i contiani ripescati?

E invece ora, almeno stando alle sue ultime dichiarazioni, «battere le destre» è diventato il principale obiettivo, perché esse sarebbero a suo dire pericolose, ci isolerebbero dall'Europa. (ilGiornale.it)

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Calenda, l’ultimo galoppino del Pd. La figura del “galoppino del Pd” è tradizionalmente a sinistra. Il classico partito scissionista, dai tempi di Rifondazione fino a giungere agli attuali Sinistra Italiana ed Articolo Uno, poi, smette quasi immediatamente di essere scissionista. (Il Primato Nazionale)

Per il Senato quindi occhi puntati quindi sull’intera Sardegna, il V Municipio di Roma, le circoscrizioni campane più piccole (Salerno, Acerra e Torre del Greco), Rossano in Calabria e Potenza in Basilicata, e poi Palermo-Settecannoli La base di partenza sono i 16 collegi (12 alla Camera e 4 al Senato) portati “in dote” da Calenda. (ilmattino.it)

La base di partenza sono i 16 collegi (12 alla Camera e 4 al Senato) portati “in dote” da Calenda. E quindi oggi le stime vengono elaborate «solo sommando» le circoscrizioni. (ilmessaggero.it)

Adesso gli riesce difficile distinguersi da Letta ma, ed è il peggio per lui, dalla sinistra collegata col Pd. Il bipolarismo si ricostituisce: Azione non ha più lo spazio centrista che in concreto occupava, pur se smentito dal diretto interessato. (Italia Oggi)

Senza Calenda il centrosinistra avrebbe perso sedici collegi, a fronte dei quattordici che perderebbe senza Bonelli e Fratoianni Collegi che però in grande maggioranza non andrebbero al fronte di sinistra composto da pentastellati, Verdi e Sinistra Italiana, bensì al centrodestra. (ilGiornale.it)

No gli capita: nel patto c’è che nei collegi uninominali no ci saranno i leader e i nomi bandiera indigeribili per i rispettivi elettorati Il buono in quell’accordo. C’è comunque del buono in quell’accordo, c’è almeno un po’ a diminuire il pauroso deficit di verità che caratterizza la politica, la vita pubblica e anche e soprattutto la pubblica opinione. (Blitz quotidiano)