MOSCHEE, DE CORATO: SENTENZA CONSIGLIO DI STATO SU CANTÙ IMPORTANTE PER ALTRI SINDACI, AVVOCATURA REGIONALE VALUTERÀ CONSEGUENZE PER CASI ANALOGHI IN LOMBARDIA

MI-LORENTEGGIO.COM. INTERNO

Altri Comuni si trovano nella stessa situazione e questa sentenza potrà dare forza ai sindaci per continuare nella loro battaglia per la chiusura dei luoghi di culto abusivi.

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Lo dice l’assessore alla Sicurezza, Polizia locale e Immigrazione di Regione Lombardia, Riccardo De Corato, commentando la sentenza del Consiglio di Stato sul capannone che fungeva da moschea a Cantù (Como). (MI-LORENTEGGIO.COM.)

Se ne è parlato anche su altri media

a Corte di Cassazione – accogliendo la richiesta dell’avvocato Mario Murone – ha annullato con rinvio la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro il 28 novembre 2019 a carico di Daniele Menniti in qualità di Sindaco di Falerna. (Corriere della Calabria)

Condannati anche la moglie e i due figli a 9 anni e 4 mesi per concorso anomalo in omicidio volontario. Poco dopo le 23:00, Marco venne colpito da un colpo di pistola, sparato dal padre di Martina e Federico. (ilGiornale.it)

Si adoperò per “cancellare le tracce di sangue, a lavare il bagno, spostando dal luogo del ferimento Vannini, nonché a rivestirlo con indumenti non suoi» I giudici si concentrano sul comportamento del capofamiglia: Antonio Ciontoli, militare di Marina e successivamente ai Servizi segreti come distaccato, era il «detentore di armi da fuoco e autore dello sparo». (Open)

«La condotta di Antonio Ciontoli fu dunque non solo assolutamente anti doverosa ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto, sicché appare del tutto irragionevole prospettare, come fa la difesa, che egli avesse in cuor suo sperato che Marco Vannini non sarebbe morto», scrivono i giudici della Quinta sezione penale della Suprema corte. (ilmessaggero.it)

Lo stato di soggezione nel quale versavano i familiari - concludono i supremi giudici - si desume da molteplici circostanze: tutti gli imputati, dopo aver compreso l'accaduto, omisero di attivarsi per aiutare effettivamente Marco" (RomaToday)

Per loro tutta la famiglia Ciontoli la sera tra il 17 e il 18 maggio 2015 era consapevole “della presenza del proiettile ancora nel corpo di Vannini” “Ciontoli era ben consapevole di aver colpito Marco Vannini con un’arma da fuoco e della distanza minima dalla quale il colpo era stato esploso”, scrivono i giudici. (LE IENE)