Il 25 aprile potrebbe essere la festa di tutti. Ma...

Il 25 aprile potrebbe essere la festa di tutti. Ma...
Primocanale INTERNO

Uno dei mali della contemporaneità, dell'epoca dei social network e delle idee che si contano sui like, è il rifiuto della complessità: in un mondo in cui la soglia d'attenzione non supera i cinque secondi, non c'è più alcuno spazio per il ragionamento; quello che conta è lo slogan. In un simile contesto anche questo editoriale non ha alcun senso, poiché pochissimi lo leggeranno e qualcuno, forse, lo commenterà accontentandosi delle tre righe della didascalia (che, peraltro, non sceglierò io). (Primocanale)

Se ne è parlato anche su altri media

Il mio intento era di rendere omaggio a quanti avevano contribuito, quasi ottant'anni fa, a riportare libertà e sovranità sul territorio italiano occupato dai tedeschi e a rischio di occupazione slava al confine orientale. (La Pressa)

Nessun tricolore sventolava per le strade di Milano e, se c'erano, erano talmente poche da non notarsi nel mare di bandiere dello Stato mediorientale (ilGiornale.it)

Il brillante risultato è stato ottenuto con un sistematico lavoro di demolizione del (fu) messaggio comune, con l’espulsione dell’avversario dal momento simbolico. La sinistra ha distrutto il significato del 25 aprile. (Liberoquotidiano.it)

La resistenza palestinese non è quella partigiana

Ops ieri in radio un giornalista, Giorgio Zanchini, ha chiesto a una ebrea di dichiararsi tale. Può succedere – dico io – nella confusione della diretta, ma quanto sono indulgenti i compagnucci su questa “gaffe”? Resistenza, resistenza, ora e sempre. (Nicola Porro)

Dopo giorni di accuse alla destra di non dichiarasi antifascista sottolineando come il 25 aprile dovrebbe essere «la festa di tutti gli italiani», la giornata di ieri ha rappresentato al meglio il tentativo di una certa sinistra di farne una data di parte e divisiva. (ilGiornale.it)

Ieri in tutta Italia è andato in scena il Coachella dei ProPalestina, dei movimenti transfemministi, dei movimenti per il clima, dei maranza in Duomo, di quelli che urlano al megafono l’augurio che qualcuna venga stuprata «come il 7 ottobre», degli intellettuali col monologo, di quelli con la campagna elettorale personale da portare avanti, di quelli che «bellissima piazza» quando dall’altro lato della strada urlavano «assassini». (La Stampa)