Francesco Farina, capostazione a pochi chilometri dalla strage di Bologna: «Sapemmo cosa era successo solo in serata»

Il Messaggero INTERNO

Non esisteva un coordinatore all’epoca, cercammo di capire quando iniziarono ad arrivare i primi treni nella nostra stazione in aperta campagna.

Dei morti di Bologna e di quello che c’era stato lo sapemmo solo al rientro a casa.

Treni pieni di turisti tedeschi che sarebbero dovuti transitare per la stazione centrale per essere poi smistati verso la costa Adriatica».

«Impossibile comunicare con la linea telefonica ferroviaria – continua Farina – tutto interrotto, il telefono a gettoni funzionava, ma chi dovevamo chiamare?

Alle 16 arrivò la comunicazione che attraverso la cintura (l’anello ferroviario che circonda Bologna e usato dai treni merci) avremmo potuto smistare i treni viaggiatori provenienti dal Nord Europa per Rimini (Il Messaggero)

Se ne è parlato anche su altri media

Tante domande, fatti evidenti, piste e ricostruzioni che non hanno mai avuto una risposta e un approfondimento. Dopo 40 anni di menzogne e stanchi della solita retorica, vogliamo che venga detta la verità. (Rietinvetrina)

Gente normale, di tutte le età e provenienze che sapeva di vita quotidiana: chi lavorava, chi stava andando in vacanza e chi rientrava dalle ferie. Il più anziano si chiamava Antonio Montanari e di anni ne aveva 86: sei in più di Maria Idria Avati. (Corriere della Sera)

E stragi crudeli, terribili, come quella alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 che causò 85 morti e 200 feriti e che, nonostante la condanna definitiva dei tre autori neofascisti, continua a essere avvolta nel mistero. (Corriere della Sera)

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, 40 anni dopo definisce quel 2 agosto «una pagina buia della nostra storia. Vi dirò che quello che come presidente del Senato abbiano fatto concretamente perché emerga dopo 40 anni la verità». (Corriere della Sera)

Conoscere la verità è un diritto non soltanto di noi famigliari delle vittime, ma di tutto il Paese».Non si placa la sete di giustizia di Carlo Alberto Lugli. Poco dopo Carlo Alberto partì per Bologna: allora non c’erano i telefonini e per avere notizie immediate occorreva recarsi sul posto. (La Gazzetta di Modena)

Ovvero dagli apparati, spionistici e mediatici, che quelle stragi avevano organizzato e poi coperto.In teoria, la “guerra” tra questi due campi avrebbe dovuto essere assoluta e senza possibili compromessi. (L'AntiDiplomatico)