Incendio in un centro per migranti in Messico, conseguenza di politiche inumane

Amnesty International ESTERI

L’incendio nel centro per migranti di Ciudad Juárez, che nelle prime ore del 28 marzo ha causato la morte di almeno 40 persone, è la conseguenza delle politiche inumane portate avanti dai governi del Messico e degli Usa. “Com’è possibile che le autorità messicane abbiano chiuso degli esseri umani all’interno di un luogo che aveva preso fuoco? E cosa dire delle dichiarazioni del presidente López Obrador e dell’Istituto nazionale per le migrazioni, che hanno minimizzato la gravità di quanto successo e dato la colpa ai migranti? Quel centro non era un ‘rifugio’ ma un centro di detenzione e al suo interno non c’erano ‘ospiti’ ma detenuti”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe. (Amnesty International)

Ne parlano anche altre fonti

Città del MessicoCiudad Juárez, meglio conosciuta come Juárez – stato messicano di Chihuahua – è uno dei passaggi di frontiera con gli Stati Uniti più transitati del 2022. (Melting Pot)

Secondo le autorità l’incendio si è sviluppato nell’ufficio dell’Istituto Nazionale per le Migrazioni (INM) dopo che le autorità avevano fermato circa 71 migranti nelle strade della città e li avevano portati nel centro. (Frosinone News)

Quando i migranti hanno messo i materassi contro le sbarre delle celle e gli hanno dato fuoco, i sorveglianti si sono allontanati rapidamente senza prestare soccorso. Un video delle telecamere di sicurezza mostra i sorveglianti del centro per migranti di Ciudad Juarez, in Messico, allontanarsi mentre l’incendio divampa nella struttura, causando una quarantina di morti. (Il Fatto Quotidiano)

"Preghiamo per i migranti morti ieri in un tragico incendio a Ciudad Juárez, in Messico, perché il Signore li accolga nel suo Regno e dia conforto alle loro famiglie. Preghiamo per loro". Così Papa Francesco nel corso dell'udienza generale. (Il Sole 24 ORE)

"Per protesta hanno accatastato dei materassi davanti alle porte e gli hanno dato fuoco. (Il Sole 24 ORE)

«Non siamo cani», ripete Abel Maldonado, un venezuelano, prima di recarsi in un obitorio nella speranza che suo fratello Orlando, 22 anni, sia sopravvissuto all'incendio che ha ucciso 40 persone in un centro di detenzione per migranti statale a Ciudad Juárez, in Messico, nella notte tra il 27 e il 28 marzo. (Vita)