Ivano Marescotti: il padre partigiano, il teatro e i film (da Benigni a Ridley Scott), la delusione della politica

Ivano Marescotti è stato uno dei più grandi figli-padri-maestri di una cultura eterna come quella del Carro dei Tespi. Un predicatore di teatro, che girava ovunque lo chiamassero, non aveva nemmeno bisogno di quattro assi per andare in scena. È morto sabato sera all’ospedale di Ravenna, aveva 77 anni compiuti il 4 febbraio. Tumore, una malattia che aveva già affrontato un quarto di secolo fa, lo aveva attaccato e fatto soffrire a lungo, come adesso: ne era uscito, proprio la sera in cui tornò su un palco seppe che suo figlio Mattia era morto, a 44 anni, tumore. (Corriere)

Su altre fonti

L’attore si trovava ricoverato presso l’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna, dove era stato portato a seguito del peggioramento delle sue condizioni di salute. La notizia della sua scomparsa è arrivata poco tempo fa, lasciando tutti i suoi colleghi e ammiratori in profondo dolore. (infodifesa.it)

Un anno fa, con un post sul suo profilo Facebook, aveva annunciato l'addio alle scene: "Seguendo l'esempio di Jack Nicholson che a 73 anni s'è ritirato dalle scene (si deve pur avere un modello... Era un uomo appassionato, schietto, innamorato del proprio lavoro e della politica, un attore strepitoso che dava carattere ai personaggi che interpretava. (Necrologi)

Ha trentacinque anni, molla tutto e comincia a fare teatro. Ivano Marescotti è un dipendente del comune di Ravenna, inquadrato nell’ufficio urbanistica, quando, un bel giorno, all’inizio degli anni Ottanta, si licenzia. (cinematografo.it)

Molti lo ricordano per i film con Roberto Benigni “Johnny Stecchino” e “Il mostro”, o per le interpretazioni del leghista in “Cado dalle nubi” e del colonnello dei carabinieri in “Che bella giornata” con Checco Zalone. (BitontoLive)

Parlare di identità. Esistono diversi modi di intendere l’identità. L’identità considera sé e, quindi, implicitamente gli altri. (Periodico Daily)

Di Claudio Cumani In teatro aveva raccontato alla sua maniera il Sommo Poeta (Dante, un patàca) e Ariosto (Bagnacàval, da Orlando Furioso), contaminando il dialetto basso-romagnolo con la lingua dei poeti ma era stato di recente anche uno dei protagonisti del cechoviano Zio Vanja firmato dalla regista ungherese emergente Kriszta Székely per lo Stabile di Torino. (QUOTIDIANO NAZIONALE)