Agguato di Camorra ad Arzano, è morto il 29enne Salvatore Petrillo: era nipote del boss della 167

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Come Roberto Lastra, 36enne incensurato che è stato ricoverato all’ospedale di Frattaminore in condizioni non gravi

Petrillo era nipote del boss Pietro Cristiano, considerato a capo della “167” di Arzano, costola del clan Amato-Pagano, gli scissionisti della fai da di Scampia.

Cinque le persone ferite perché raggiunte dai colpi di pistola esplosi nei pressi del Roxy Bar di via Silone ad Arzano.

È morto nel corso della scorsa notte Salvatore Petrillo: aveva 29 anni e per gli inquirenti era il principale obiettivo dell’agguato di mercoledì scorso ad Arzano. (Il Riformista)

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Le sue condizioni erano apparse subito gravissime. Le sue condizioni erano apparse subito gravissime. È morto la scorsa notte nell'ospedale di Giugliano Salvatore Petrillo, 29 anni, pregiudicato e sorvegliato speciale: era ritenuto l'obiettivo della sparatoria avvenuta il 24 novembre sera davanti al Roxy Bar di Arzano, durante la quale sono rimaste ferite altre quattro persone, due delle quali ritenute legate a Petrillo e due avventori del tutto estranei. (Sky Tg24)

E anche se aleggia ancora un pesante cappa di terrore su tutta la città, che teme da un momento all'altro la risposta all'agguato di mercoledì sera, c'è chi tenta una svolta, stringendosi intorno ad Armando, il titolare del locale, ancora sotto choc per quanto accaduto. (Il Mattino)

Già dalle prime ore del giorno i Carabinieri della Compagnia di Casoria, insieme a quelli del Reggimento Campania e delle squadre SOS e API stanno presidiando la città di Arzano con controlli e perquisizioni. (Cronache della Campania)

La sparatoria, secondo quanto emerso nelle prime ore, sarebbe riconducibile a frizioni tra i vari gruppi della malavita organizzata dell'area a nord di Napoli La sera di mercoledì scorso, attorno alle ore 20, secondo le prime ricostruzioni, almeno due sicari giovanissimi sarebbero entrati nel bar sparando all'impazzata sulla folla. (Fanpage)

In questo locale ho investito tutto, c’è tutta la mia vita». Combattuto, ma volitivo Armando Savorra che conclude dicendo: «Non posso mollare, qui c’è tutta la mia vita». (Il Riformista)

Soltanto nell’aprile 2019, dopo l’arresto e la successiva confessione del boss Riccio, oltre che dei suoi sodali, le indagini sul caso arrivarono al definitivo punto di svolta. Dopo l’agguato, il corpo di D’Andò venne letteralmente sepolto in un campo di Arzano e lì rimase per ben otto anni. (Stylo24)