Operazione market place a Giostra, i nomi dell'inchiesta

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Lettera Emme INTERNO

Altro personaggio emerso dalle indagini, secondo le quali gestiva un punto vendita di droga sempre nello stesso complesso. di case popolari, era Gianluca Siavash.

La banda poteva contare sulla disponibilita’ di armi da utilizzare per assicurare un efficace controllo del. territorio e del mercato dello spaccio

A controllare il traffico di droga in citta’, oltre al clan Arrigo e alle “cellule” che gravitavano attorno ad esso, era. (Lettera Emme)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Nel Settembre del 2016, un altro componente del nucleo familiare degli Arrigo era rimasto vittima di un attentato simile. All’interno di ciascun appartamento adibito a rivendita e gestito da uno dei componenti della banda che aveva messo a disposizione la sua abitazione, con la collaborazione del nucleo familiare, l’attività di spaccio veniva garantita giorno e notte. (Livesicilia.it)

Per le due rampe che conducono dalla galleria San Jachiddu allo svincolo di Giostra, adesso c’è una roadmap. Un controllo per mero scrupolo voluto dall’assessore Salvatore Mondello e dal dirigente del Comune Antonio Amato, poco prima dell’apertura delle due rampe, fece scoprire che quel viadotto, pur se mai utilizzato non era percorribile. (Gazzetta del Sud - Edizione Messina)

A Giostra, “le donne dello spaccio” avevano un ruolo di tutto rispetto. Quanto al secondo gruppo, quello retto da Antonio Bonanno, ritenuta organica ad esso Veronica Vinci, «deputata a tenere la cassa dell’associazione e a riscuotere il provento dell’attività illecita» (Gazzetta del Sud - Edizione Messina)

Lo schema era fisso: ricezione dell’ordine davanti alla porta, l’attesa dell’acquirente sul pianerottolo e la consegna della droga sempre all’esterno dell’abitazione.Il centro del traffico di droga a Messina era «un vero e proprio fortino», introno al quale gravitavano i rapporti tra i clan degli Arrigo e dei Bonanno tra «alleanze e scontri violenti». (Gazzetta del Sud - Edizione Messina)

I carabinieri hanno documentato vari furti di autovetture, per un valore complessivo stimato in circa 200.000,00 euro Una volta rubate le auto venivano nascoste presso un uliveto nelle campagne di Bitonto e “bonificate”, cioè private di eventuali sistemi di allarme o di localizzazione. (LaPresse)

per 13 persone nonché il sequestro di immobili (appartamenti e garage-cantine), autoveicoli, motoveicoli e altre utilità economiche. Una disponibilità avvalorata non solo dai ferimenti dai quali l’indagine ha tratto spunto, ma anche dalle conversazioni captate, dalle immagini raccolte e visionate (Lettera Emme)