Stato-mafia, i giudici: «Il Ros agì per spaccare Cosa Nostra. Ecco perché non volle catturare Provenzano»

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Corriere del Mezzogiorno INTERNO

La sentenza, depositata dopo diverse richiesta di proroga dei termini, è di 2971 pagine.

Così la Corte d’assise d’appello di Palermo nelle motivazioni della sentenza con la quale il 23 settembre scorso ha definito il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia.

Secondo i giudici le finalità dell'azione intrapresa da Mori e i suoi dunque sarebbero incompatibili con la tesi dell’accusa che sosteneva che con il loro comportamento i carabinieri avessero rafforzato i propositi minacciosi del boss Totò Riina

Il dialogo con pezzi di Cosa Nostra Per la corte la decisione di avvicinare l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino per iniziare a dialogare con pezzi di Cosa nostra sarebbe stata presa proprio per evitare nuove stragi. (Corriere del Mezzogiorno)

Se ne è parlato anche su altri media

Un superiore interesse spingeva ad essere alleati del proprio nemico per contrastare un nemico ancora più pericoloso" "Esclusa qualsiasi ipotesi di collusione con i mafiosi, se Mori e Subranni potevano avere interesse a preservare la libertà di Provenzano, ciò ben poteva essere motivato dal convincimento che la leadership di Provenzano, meglio di qualsiasi ipotetico e improbabile patto, avrebbe di fatto garantito contro il rischio del prevalere di pulsioni stragiste o di un ritorno alla linea dura di contrapposizione violenta allo Stato". (Tp24)

Serviva a un volonta’ un “segnale di buona proseguita e di disponibilita’ sulla via del dialogo” Anche la mancata perquisizione del covo di Riina puo’ essere ricondotta a questa strategia. (il Fatto Nisseno)

Il corpo politico che avrebbe dovuto essere costretto ad adottare provvedimenti a favore della mafia era il governo di Silvio Berlusconi. Facendo leva su tensioni e contrasti, si cercava insomma di dialogare con Bernardo Provenzano per colpire meglio l’ala stragista di Totò Riina (Avvenire)

Adesso è scritto nero su bianco, nelle 2.971 pagine delle motivazioni dei giudici della Corte d’assise d’appello di Palermo depositate ieri in cancelleria. Secondo l’accusa sarebbe stata la trattativa tra Stato e mafia ad accelerare la morte di Paolo Borsellino, mentre adesso i giudici dicono che non è così. (La Sicilia)

Sul Fatto di domani analizzeremo nel dettaglio le motivazioni della sentenza. Sul giornale vedremo cosa sta accadendo in un territorio perennemente in guerra, ma di sempre minor interesse nelle agende politiche mondiali (Il Fatto Quotidiano)

E fanno riferimento a quanto accadde nell’affollata e assemblea plenaria che si tenne in Procura con i pm il 14 luglio del 1992, cioè appena cinque giorni prima della strage di via D’Amelio (Il Fatto Quotidiano)