L’attenzione dei “grandi” è rivolta ad altro (dal G7 al vertice Nato, al bilaterale Biden-Putin), nessuno vuole percorrere opzioni militari e il governo etiope è un partner fondamentale nel Corno d’Africa E quella che nel 2018 appariva come una “pacifica” transizione democratica dopo decenni di governi autoritari, si è complicata. Il mondo resta a guardare. Intanto il governo etiope ha rimandato a fine giugno le elezioni legislative, escludendo dal voto la regione del Tigray.
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Secondo l’ultimo rapporto Ipc (Integrated phase classification), pubblicato ieri, sulla sicurezza alimentare 350 mila persone soffrono già la fame e rischiano la vita, mentre 4 milioni sono in situazione grave, su una popolazione di poco più di 5,5 milioni di abitanti. La capacità della gente del Tigray di accedere a servizi vitali e che il Wfp possa raggiungerli con l'assistenza alimentare è essenziale per evitare una catastrofe.
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E non lo dicono i nemici del governo di Addis Abeba (che pure nega l'emergenza: «Il cibo in Tigray non manca») ma 18 agenzie e organismi internazionali dentro e fuori l'Onu. E questa volta non sono la siccità o le cavallette, non è l'Etiopia del 1984, non ci sono popstar a organizzare un nuovo Live Aid. Dei 150 massacri documentati in questi mesi, la maggioranza è imputabile al fronte governativo, con le forze eritree e le milizie di etnia Amara Non c'è la siccità nel Tigray, le cavallette se ne sono andate e stanno per arrivare le piogge…
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Quei dialoghi di pace prevedono delle concessioni territoriali fatte sia alla regione di Amhara, a sud del Tigray, sia all’Eritrea stessa. Il malcontento della leadership del Tigray monta fino a sfociare in un’escalation di violenza che culmina nella guerra. Pochi giorni fa Tommaso Santo, responsabile dell’intervento di emergenza nel Tigray, ha raccontato nel corso di un media briefing della devastazione provocata dall’esercito etiope.
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Ci sono i banditi che sequestrano una persona ricca e fanno arrivare alla famiglia una immagine del rapito incatenato e smagrito come Cristo prima della crocefissione. Ma nell’arsenale delle persecuzioni ideate dai mangiapopoli c’è un altro utilizzo ancor più subdolo e criminale: rendere la fame il metodo più efficace, silenzioso e economico per annientare una etnia, un popolo, un gruppo che disturba, si ribella, che deve pagare una pena definitiva e di massa.
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Senza l'accesso umanitario per aumentare la nostra risposta, si stima che 33 mila bambini gravemente malnutriti nelle aree attualmente inaccessibili del Tigray sono ad alto rischio di morte Sono 350 mila le persone che soffrono per fame nel Tigray in Etiopia. La capacità della gente del Tigray di accedere a servizi vitali e del Wfp di raggiungere queste persone con assistenza alimentare è essenziale per evitare una catastrofe.
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Sul terreno, dopo mesi passati in loco a coordinare i progetti Msf tra Axum e Adua, Marco Sandrone dice al Corriere che negli ultimi mesi non ha visto alcun segnale di apertura Nessuna carenza di cibo, dice Mituku Kassa, responsabile del piano anti-disastri. L’hanno raccontato in un briefing con giornalisti italiani (dove era presente il Corriere) due operatori di Medici Senza Frontiere appena rientrati dopo mesi in missione.
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