Quando si dice: fare il passo più lungo della gamba. La decisione del Parlamento europeo di azzerare le emissioni da veicoli nel 2035 non stupisce nei contenuti ma pone una serie di riflessioni su tempi, opportunità e ripercussioni economiche e generazionali delle politiche di transizione ecologica dell’Unione. Non è stata una sorpresa, è vero: perché il Parlamento ha confermato una decisione già presa lo scorso anno del Consiglio europeo il quale, ma questa volta solo formalmente, dovrà…
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La decisione del Parlamento europeo di mettere al bando, a partire dal 2035, le vetture con motore a scoppio ha suscitato proteste e perplessità in Italia, dove si auspicava – e ancora ci si augura – che il provvedimento potesse essere o meno tranchant o quanto meno più dilazionato nel tempo. Invece, nel giro di 12 anni le Case automobilistiche dovranno adeguarsi ai dettami della Ue, con tutte le conseguenze del caso anche per il relativo indotto, che investe in modo importante anche il tessuto produttivo lecchese.
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Il divieto da parte dell’Unione Europea relativo alla produzione di auto a benzina e diesel a partire dal 2035 ha dettato sin da subito un’evoluzione sui mercati: le vendite di auto elettriche hanno subito un'impennata ed in alcune parti del mondo sono già un quarto del totale. Tuttavia questo processo di riconversione del parco auto si sta scontrando con la resistenza occidentale a scavare nel sottosuolo per estrarre le materie prime necessarie per i veicoli elettrici.
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La testimonianza di un attuale possessore di auto elettrica. Non troppo entusiasta. In dieci anni risolveremo i suoi problemi? L’Unione Europea ha deciso. Dal 2035 circoleranno solo auto elettriche. Quelle a combustibili fossili saranno bannate, con l’unica eccezione delle supercar e delle auto artigianali. La domanda che molti si fanno è: tra dodici anni saremo pronti? Perchè i dubbi sono molti. Come quelli sollevati il 15 febbraio da Francesco Venier, economista…
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Governo ed esperti parlano dopo l'ok del Parlamento Europeo allo stop a benzina e diesel dal 2035. Perplessità sulle tempistiche, preoccupazioni sui livelli di occupazione e difficoltà di riconversione dell’industria automobilistica italiana. Ma non è stata solo la politica a esprimersi dopo il voto europeo. Se si parla di una ricarica rapida o veloce sul suolo pubblico si arriva anche a 0,80 centesimi al kilowattora Ma nel mondo reale, e l’Italia è molto più reale di altri Paesi europei, questa possibilità non esiste“…
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Nel 2021 erano il 9%. Anche se a rilento, la vendita di auto elettriche continua a crescere ed entro il 2035 saranno le uniche a poter essere vendute. Il mercato delle auto elettriche è cresciuto: ora rappresentano il 12,1 per cento del mercato del nuovo. Il Parlamento europeo ha approvato la legge che vieta la vendita di auto nuove a motore termico dal 2035. La Norvegia è il paese che ne vende di più, l’Italia quello che ne vende meno.
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, tranne qualche eccezione, solo auto elettriche rischia di mettere a rischio la filiera italiana dei motori, incidere sui bilanci delle famiglie e dello Stato e aprire le porte all’invasione dei marchi cinesi. L'allarme Tutte le case automobilistiche europee hanno varato maxi piani di investimenti per la svolta elettrica e si sono imposte obiettivi ambiziosi e anche più ravvicinati rispetto al 2035.
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Quando, erano gli anni novanta, la pubblica opinione cominciava a interrogarsi sulla possibilità di chiudere i centri urbani alle auto, io ero dalla parte degli scettici. Credevo che impedire alle auto di arrivare sotto casa costituisse un affronto alla libertà di movimento dei cittadini e non tenevo in nessun conto il beneficio che la comunità avrebbe tratto da quella scelta. Poi ho cambiato idea.
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Potrò ancora circolare con la mia «vecchia» auto? Sì, fino all'esaurimento di questo parco vetture. Da vedere se saranno applicate normative per accelerare il ricambio con veicoli elettrici. 2 Devo cambiare auto: cosa prendo? Il consiglio è di puntare sul veicolo che soddisfa meglio le necessità. La risposta, per noi italiani, arriva dal mercato: a prevalere, ora, è l'ibrido senza la spina. L'elettrico può rappresentare la seconda auto per chi risiede in città, ma è preferibile avere la…
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Gian Primo Quagliano presiede il Centro studi Promotor, dal 1976 specializzato nel monitoraggio del mercato dell'auto: «Il parlamento europeo ha confermato la fine delle vendite di auto ad alimentazione tradizionale dal 2035, ignorando le richieste di un approccio più morbido per tener conto delle esigenze di chi vorrebbe lasciare spazio al principio della neutralità tecnologica, cioè alla possibilità di raggiungere gli obiettivi in materia di emissioni di Co2 anche con soluzioni diverse dall'auto elettrica.
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Il Parlamento europeo ha votato per il divieto di produrre veicoli con motori a combustione interna dal 2035. Potranno essere prodotti solo veicoli elettrici. Ma c'è la possibilità materiale di compiere una rivoluzione dei trasporti così ambiziosa in così poco tempo. Secondo Giovanni Brussato, ingegnere minerario, questa politica renderà l'Europa molto più dipendente dalla Cina che ha la tecnologia e le materie prime necessarie.
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Viva le auto elettriche, attenti alle auto elettriche. La decisione dell'Unione europea di rendere obbligatoria dal 2035 la vendita di veicoli a emissioni zero rappresenta senz'altro una svolta positiva, perché la riduzione dell'emissione di Co2 nell'atmosfera che deriverà da questa mossa è un fatto incontrovertibile, ma le incognite sono tante e hanno quasi tutte al centro il tema delle batterie. Quanto difficile sarà procurarsele? Come rendere la loro produzione sostenibile evitando di spostare…
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Le auto elettriche costano troppo L’acquisto delle auto elettriche comporta un esborso iniziale maggiore di quello per i modelli a benzina o diesel. Il motivo principale è la batteria: è l’elemento più costoso di un’auto elettrica e, di conseguenza, il suo prezzo influenza quello finale dell’auto. I modelli elettrici hanno un costo maggiore mediamente del 30% rispetto a quelli benzina e diesel. Difesa In molti prevedono un pareggio di costo nel breve termine.
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Aveva ragione Sergio Marchionne, quando affermava che l’auto elettrica sarebbe stata il successivo step per il monopolio economico in Ue da parte della Repubblica Popolare Cinese. In un mondo, quello dell’automotive, dove Stati Uniti e Ue primeggiavano ancora in termini di produzione di macchine a diesel e benzina, l’ondata ambientalista dell’ultimo decennio è stata protagonista di un ribaltamento pure su questo fronte, e a pagare le maggiori spese – ovviamente – sono e saranno i cittadini occidentali.
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In un mondo normale, la direttiva che impone lo stop alla produzione delle auto a diesel e benzina entro il 2035 dovrebbe essere salutata con soddisfazione e applausi. E invece, in Italia, se ne parla come fosse una follia da distruggere. Un atteggiamento, questo sì, folle e autolesionista. Alla faccia delle promesse sulla lotta al cambiamento climatico.
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Giuseppe Tassi La rivoluzione verde segna un altro passo nella vecchia Europa. La Ue conferma la sua linea rigida e intransigente e blocca la produzione e la vendita di auto con motori termici dal 2035. Dal primo gennaio di quell’anno, se tutto verrà confermato, si potranno acquistare solo veicoli a emissioni zero. Lo zelo ambientalista dell’Unione europea dà così un taglio netto al passato, in barba a ogni progetto di ‘transizione morbida’ invocata a gran voce dalle case costruttrici, a lungo in bilico fra la funzionalità dei motori…
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Lo stop alle auto termiche è inutile per il clima, dannoso per l'ambiente, impraticabile socialmente e distruttivo per l'industria e l'economia. La buona notizia è che non ci sarà, perché alla fine saranno i consumatori a decidere. Ma ora governo e industria decidano se seguire la scienza o Greta. Inutile. Il clima sta cambiando e l'ipotesi scientifica più accreditata sostiene che dipenda dai gas serra prodotti dall'uomo, la cui concentrazione in atmosfera è passata da 280 parti-per-milione del 1850 a 370…
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Un rapporto degli accademici della University of California le mette sotto accusa: i componenti sono prodotti con attività inquinanti. Ma il rischio è diventare schiavi delle autocrazie e dei loro monopoli
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